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La Storia dentro le parole, la struttura urbana e le pratiche sociali

06:04 Unknown 0 Comments

Ho un interesse preciso, di cui mi sto rendendo conto grazie ad un esame che sto preparando per l'università, un esame di Geografia dell'Asia Orientale.

Mi piace molto vedere la correlazione che c'è tra la struttura fisica di una società, e lo spirito, il carattere della cultura che l'ha determinata.

I paesi italiani seguono più o meno tutti uno stesso schema: una piazza centrale, dove si trova anche la chiesa. E' il luogo di ritrovo, della socialità sin dai tempi più antichi. 
La presenza dell'acqua determina l'incontro sociale. Attorno ad una fontana le donne lavavano gli abiti e si scambiavano discorsi.

Questo non accade allo stesso modo dappertutto; studiando per questo esame, ad esempio, ho capito che le città europee, sono costruite in maniera molto più "solida" rispetto a quelle giapponesi.
Un monaco e poeta giapponese, Kamo no Chomei (1155-1216), paragona l'immagine dell'acqua che scorre, al modo in cui le abitazioni sono destinate a crollare e sparire.

Perchè il Giappone è un luogo soggetto a terremoti e catastrofi naturali di vario tipo.
Questo ha determinato una sorta di coscienza, evidentemente, ed una sorta di stato di accettazione, il quale ha portato questo popolo a considerare le catastrofi naturali, come una possibilità di purificazione dal vecchio, ed una possibilità di rinascita.

Questo concetto trova espressione nelle parole "fukko", ricostruzione dopo un disastro; o "shikinensengu" : ricostruzione associata a un ciclo volontario di distruzione.

Trovo tutto ciò molto interessante.
La maniera in cui un luogo e un popolo si determinano vicendevolmente.

Ma tutto ciò non lo vediamo solo nella strutturazione urbana. Ma anche nel modo in cui l'amministrazione di uno stato prende forma. 
E questo a sua volta influenzerà indirettamente le pratiche sociali di un popolo.

In Cina molte persone sono costrette a vivere all'interno di palazzi anonimi, che hanno letteralmente raso al suolo quartieri impregnati di tradizione.
Lo stato ha sradicato la vita  delle persone che vi vivevano, e la trapianta dentro alte torri.
Questo cambia le pratiche sociali di queste persone. Ma è interessante notare come loro cerchino comunque di mantenere vive, certamente in maniera diversa, le loro abitudini. Quindi, se entrassimo in uno di questi palazzi, vedremmo che la strada del quartiere è riprodotta nei corridoi: le porte rimangono aperte, così che i propri bambini possano giocare con quelli dei vicini; vediamo stand di ristorazione e di parrucchieri.

La storia è viva, è attaccata ai palazzi, alle vie, è nascosta dietro ogni aspetto del sociale.



Essa non si può comprendere ed apprezzare leggendo dei manuali. Ma avendo la curiosità di guardarsi intorno e poi di proiettare il nostro sguardo lontano, e infine nel mettere a confronto ciò che si è visto.

Anche le nostre parole hanno una storia, e ogni parola racchiude un mondo intero.

C'è una parola tedesca, non ricordo più quale, che esprime il senso di paura che il popolo aveva quando la porta del castello si chiudeva, quando il ponte levatoio veniva tirato su, perchè voleva dire che stavano arrivando i nemici.
Quella parola è una storia, ed è la storia personale di quel particolare luogo e della sua gente.

La storia non è un'astrazione di date, di trattati firmati, di guerre vinte.
La storia esiste. E' palpabile, tangibile. 
Ogni atto umano è espressione della storia che vi è dietro.
E in ogni nostro gesto incrementiamo un flusso costante di coodeterminazione.

La bellezza della storia sta in questo costante coodeterminarsi, su diversi livelli del reale.

E cercare di comprendere il senso delle cose che ci circondano, è una possibilità, uno sguardo, uno scorcio sulla storia.

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